Il caffè delle diaspore

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venerdì 4 settembre 2020

Da una favola chiamata Danilo Crepaldi





NOVI SAD- Oggi, si parla molto della tragedia del ponte Morandi a Genova, cosa è successo, cosa è stato o non è stato fatto, le colpe, le non colpe, i drammi, le lacrime e le storie di chi è sopravvissuto, ma io oggi voglio raccontare la storia di un altro ponte: il ponte "Maresciallo Tito" , oggi ponte Duga (arcobaleno) a Novi Sad la nel cuore della Vojvodina, in quella terra serba straziata dalla guerra del Kosovo, dai bombardamenti NATO e da dieci anni di sanzioni assurde. Se dal centro di Novi Sad si scende da Bulevar Mihaila Pupina una delle vie centrali del capoluogo della Vojvodina irta di negozi, supermercati e passanti spesso frettolosi ben presto ci si imbatte nel Danubio, quello stesso Danubio che attraversa mezza Europa, il quale, in queste zone, per troppo tempo si è macchiato del sangue rosso di innocenti. È un fiume placido di una bellezza austera che da sempre fa da cornice a Novi Sad, "Giardino Nuovo" la città più bella del mondo dicono i suoi abitanti, sicuramente la più cosmopolita della Serbia grazie alle sue università che ne fanno anche una città crocevia di culture diverse ma che qui convivono. La sul bel Danubio blu, si trova il ponte, un tempo dedicato al Maresciallo Tito, un ponte austero che collega le due sponde della città proseguendo poi in quella che, ai tempi della Repubblica Federata di Jugoslavia, era Ulica (via) Marsal Tito. Il ponte, i cui pilastri spuntano dalle acque del fiume quasi come obelischi egiziani nel deserto, fu costruito all'epoca della Jugoslavia socialista per volere di Tito ed a lui fu dedicato. Una costruzione su cui si discusse a lungo... il ponte era mal costruito, si diceva, e sarebbe presto crollato! Ma mentre queste maldicenze venivano sussurrate a mezza voce per non irritare il governo ed i suoi funzionari, il ponte era sempre lì a reggere il traffico cittadino e a regalare vita, commercio e sogni insieme al Danubio che scorreva sotto di lui. Venne la guerra, la prima guerra dei Balcani, quella del disfacimento di quel paese che si chiamava Jugoslavia e che con il suo socialismo strano e diverso rappresentava il diverso nell'est Europa e la terza via verso un mondo migliore nel resto del mondo. Un paese che tanto aveva dato in termini di storia e cultura e che poco aveva ricevuto dal resto mondo. E venne la guerra, dicevamo, ma il ponte era sempre lì, simbolo di ció che era stata la Jugoslavia! Ma si sa ed è noto che al governo Milosevic, tutto quello che riguardava il vecchio, il passato non piaceva e poi un ponte dedicato al croato Jozef Broz in Serbia, nella nuova Serbia indipendente, era un pugno nell'occhio e allora fu ribattezzato, non senza polemiche, ponte "Duga", ponte "Arcobaleno" . Ma i Balcani, sono zone calde che producono molta più storia di quella che riescono a digerire, così come soleva dire Winston Churchill, e quindi un semplice ponte, come quello di cui parliamo, sembra avere un anima e non una ma mille e più storie diverse... e così venne un altra guerra, quella del Kosovo, la seconda guerra dei Balcani, ed il ponte era sempre lì anche sotto i bombardamenti NATO non voleva saperne di venire giù! Sembrava il simbolo dell'orgoglio di un popolo che pagava colpe non sue! Le bombe cadevano su Novi Sad, sul Danubio agitando le sue acque, facendo ruggire al fiume la sua rabbia e il suo disappunto, ma il ponte era sempre lì indistruttibile come l'orgoglio serbo, simbolo di un paese martoriato ma vivo! Ci misero due settimane le bombe "intelligenti" della NATO a buttarlo giù ma non riuscirono a distruggere la sua anima, (quella era impossibile da distruggere) anzi non lo abbatterono fu il ponte a sacrificarsi, perchè lì, vicino a lui, vivevano famiglie che ogni volta che cadevano le bombe "intelligenti" temevano per la loro vita e per le loro case, le grida dei bambini impauriti erano strazianti e il ponte le sentì, le avvertì chiare così come avvertì le preghiere di chi gli chiedeva di sacrificarsi per loro, e decise di farlo, si sacrificó per la sua gente e si fece buttare giù! Dopo la guerra il ponte venne ricostruito ed oggi è ancora lì sulle acque placide ed azzurre del Danubio a regolare il flusso di traffico della città. È ancora lì in silenzio a ricordarci ció che è stato ma se all'alba o al tramonto guardi le ombre del ponte sul fiume ti sembra di scorgerne un sorriso... e il sorriso della speranza che non ha mai abbandonato il ponte, il Danubio, Novi Sad, La Vojvodina, la Serbia e la Jugoslavia intera.

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