Il 12 Febbraio 2003 è una data che, da un punto di
vista storico, non sembrerebbe avere grande rilievo; eppure nei Balcani è una
data che in pochi non ricordano. Quel Mercoledì si giocava a Podgorica, attuale
capitale del Montenegro, la partita valevole per le qualificazioni ai
campionati europei di calcio di Portogallo 2004 fra le rappresentative
nazionali di Azerbaijan e Jugoslavia. Jugoslavia che aveva cessato di esistere
da più un decennio ma che ancora, almeno nominalmente ed a livello calcistico e
sportivo, continuava ad esistere; ancora in Europa si continuava a parlare di
calcio jugoslavo e la Repubblica Federale di Jugoslavia formata solo più da
Serbia e Montenegro sembrava poter dare, almeno a livello sportivo, una
continuità a quella che fu la Repubblica Confederata Socialista di Jugoslavia
quella del "Bratstvo i Jedinstvo" che di unità e fratellanza fra gli
slavi del Sud non aveva più nulla. Nessuno sapeva ancora che quel giorno
sarebbe stato l'ultimo in cui uno speaker all'interno di uno stadio avrebbe
scandito il nome "Jugoslavia" ; nome che qualcuno cominciava ad
associare ad un sentimento di nostalgia che pochi anni dopo si vedrà assegnare
un termine nuovo e tutto suo, "jugonostalgija". Termine cognato
proprio per dare una nomenclatura precisa a tale sentimento di nostalgia per il
passato comune jugoslavo. L'ulteriore divisione che avrebbe diviso ancor di più
i territori dell'ex stato slavo, fra la Serbia dal Montenegro era ancora
lontana tre anni, ma il nome Jugoslavia si congedò dall'Europa, dalla storia,
dalla politica, dallo sport e soprattutto dal calcio proprio in quella tiepida
sera di fine inverno. L'ultima partita dei “plavi” fu una partita triste, un
anonimo pareggio contro l'Azerbaigian, nazionale giovane nata dallo
sgretolamento dell'Unione Sovietica, non certo una squadra che sedeva
nell'Olimpo delle grandi del calcio. La Jugoslavia, o quel che ne rimaneva,
riuscì a portarsi in vantaggio per 2-0 grazie alla rete di Mijatovic su calcio
di rigore ed ad un gol fantasma di Lazovic che scatenò le proteste degli azeri,
salvo poi venire rimontata dalle reti di tal Gurbanov. Quel giorno a differenza
del 4 Maggio 1980, giorno della morte di Tito, nessuno pianse, in fondo la
Jugoslavia era già morta da un pezzo e non aveva senso piangere in eterno un
defunto; ma si dice anche che una persona non se ne va mai veramente fino a
quando un pezzetto di lei vaga sulla terra. Quello fu il giorno in cui l'ultimo
pezzetto di Jugoslavia si congedò dal presente per consegnarsi alla storia e lo
fece in uno degli ambiti che contribuì in maniera notevole alla sua nascita ma
anche alla sua morte: il calcio. Dalla morte della Jugoslavia sono passati
ormai più di due decenni ma gli slavi del Sud sono sempre li, nei Balcani in
quel lembo di terra che parte dalle Alpi slovene e va finire giù fino alla
cirenaica ai confini con la Grecia, in quella terra che a Ovest è delimitata
dall' Adriatico e ad Est dai Balcani. I popoli slavi sono sempre li, uguali e
profondamente diversi fra di loro, li pronti a guardarsi in cagnesco ma tutti
ugualmente capaci di riconoscere un passato unitario che li vide grandi ed
uniti. Fratelli che non sono fratelli ma forse solo fratellastri; amici che non
sono amici ma semplicemente la faccia della stessa medaglia che oggi a distanza
dei tragici fatti di fine anni '80 ed anni '90 hanno cominciato, seppur a
piccoli passi, un riavvicinamento che, ancora una volta, passa inesorabilmente
per il calcio, addirittura prima che dalla politica, visto che da tempo circola
insistentemente la voce di una riedizione del campionato jugoslavo di calcio.
Il termine Jugoslavia intanto è stato sostituito dal termine Jugo-sfera parola
questa che sembra avere il potere straordinario di riavvicinare i popoli dei
Balcani. Tanto si è scritto, fino ad oggi, sul calcio jugoslavo e tanto si è
scritto sulle guerre che hanno messo fine alla Jugoslavia stessa; poco di
contro si è scritto sui quasi trent' anni successivi alla disgregazione dello
stato degli slavi del Sud. Che ne è stato del calcio slavo? Cosa è rimasto
dello stato degli slavi del Sud?. Questo libro cercherà nel suo piccolo di
rispondere a queste domande. Nel suo piccolo perché capire fino in fondo la
mentalità balcanica è difficile per un ex jugoslavo figuriamoci per uno come me
che un po’ slavo lo è solo nel cuore.
Tratto da "I figli della Jugoslavia" di Danilo Crepaldi, edito da StreetLib
I libri di Danilo Crepaldi
Boban Rajovic - Jugoslavijo
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