Il caffè delle diaspore

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sabato 5 settembre 2020

Da libro di Danilo Crepaldi: Figli della Jugoslavia

Come fai a non perderti in amore ?






Il 12 Febbraio 2003 è una data che, da un punto di vista storico, non sembrerebbe avere grande rilievo; eppure nei Balcani è una data che in pochi non ricordano. Quel Mercoledì si giocava a Podgorica, attuale capitale del Montenegro, la partita valevole per le qualificazioni ai campionati europei di calcio di Portogallo 2004 fra le rappresentative nazionali di Azerbaijan e Jugoslavia. Jugoslavia che aveva cessato di esistere da più un decennio ma che ancora, almeno nominalmente ed a livello calcistico e sportivo, continuava ad esistere; ancora in Europa si continuava a parlare di calcio jugoslavo e la Repubblica Federale di Jugoslavia formata solo più da Serbia e Montenegro sembrava poter dare, almeno a livello sportivo, una continuità a quella che fu la Repubblica Confederata Socialista di Jugoslavia quella del "Bratstvo i Jedinstvo" che di unità e fratellanza fra gli slavi del Sud non aveva più nulla. Nessuno sapeva ancora che quel giorno sarebbe stato l'ultimo in cui uno speaker all'interno di uno stadio avrebbe scandito il nome "Jugoslavia" ; nome che qualcuno cominciava ad associare ad un sentimento di nostalgia che pochi anni dopo si vedrà assegnare un termine nuovo e tutto suo, "jugonostalgija". Termine cognato proprio per dare una nomenclatura precisa a tale sentimento di nostalgia per il passato comune jugoslavo. L'ulteriore divisione che avrebbe diviso ancor di più i territori dell'ex stato slavo, fra la Serbia dal Montenegro era ancora lontana tre anni, ma il nome Jugoslavia si congedò dall'Europa, dalla storia, dalla politica, dallo sport e soprattutto dal calcio proprio in quella tiepida sera di fine inverno. L'ultima partita dei “plavi” fu una partita triste, un anonimo pareggio contro l'Azerbaigian, nazionale giovane nata dallo sgretolamento dell'Unione Sovietica, non certo una squadra che sedeva nell'Olimpo delle grandi del calcio. La Jugoslavia, o quel che ne rimaneva, riuscì a portarsi in vantaggio per 2-0 grazie alla rete di Mijatovic su calcio di rigore ed ad un gol fantasma di Lazovic che scatenò le proteste degli azeri, salvo poi venire rimontata dalle reti di tal Gurbanov. Quel giorno a differenza del 4 Maggio 1980, giorno della morte di Tito, nessuno pianse, in fondo la Jugoslavia era già morta da un pezzo e non aveva senso piangere in eterno un defunto; ma si dice anche che una persona non se ne va mai veramente fino a quando un pezzetto di lei vaga sulla terra. Quello fu il giorno in cui l'ultimo pezzetto di Jugoslavia si congedò dal presente per consegnarsi alla storia e lo fece in uno degli ambiti che contribuì in maniera notevole alla sua nascita ma anche alla sua morte: il calcio. Dalla morte della Jugoslavia sono passati ormai più di due decenni ma gli slavi del Sud sono sempre li, nei Balcani in quel lembo di terra che parte dalle Alpi slovene e va finire giù fino alla cirenaica ai confini con la Grecia, in quella terra che a Ovest è delimitata dall' Adriatico e ad Est dai Balcani. I popoli slavi sono sempre li, uguali e profondamente diversi fra di loro, li pronti a guardarsi in cagnesco ma tutti ugualmente capaci di riconoscere un passato unitario che li vide grandi ed uniti. Fratelli che non sono fratelli ma forse solo fratellastri; amici che non sono amici ma semplicemente la faccia della stessa medaglia che oggi a distanza dei tragici fatti di fine anni '80 ed anni '90 hanno cominciato, seppur a piccoli passi, un riavvicinamento che, ancora una volta, passa inesorabilmente per il calcio, addirittura prima che dalla politica, visto che da tempo circola insistentemente la voce di una riedizione del campionato jugoslavo di calcio. Il termine Jugoslavia intanto è stato sostituito dal termine Jugo-sfera parola questa che sembra avere il potere straordinario di riavvicinare i popoli dei Balcani. Tanto si è scritto, fino ad oggi, sul calcio jugoslavo e tanto si è scritto sulle guerre che hanno messo fine alla Jugoslavia stessa; poco di contro si è scritto sui quasi trent' anni successivi alla disgregazione dello stato degli slavi del Sud. Che ne è stato del calcio slavo? Cosa è rimasto dello stato degli slavi del Sud?. Questo libro cercherà nel suo piccolo di rispondere a queste domande. Nel suo piccolo perché capire fino in fondo la mentalità balcanica è difficile per un ex jugoslavo figuriamoci per uno come me che un po’ slavo lo è solo nel cuore.


Tratto da "I figli della Jugoslavia" di Danilo Crepaldi, edito da StreetLib

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